Criteri di individuazione delle residenza fiscale delle persone fisiche dal periodo d’imposta 2024 – normativa domestica

A partire dal periodo d’imposta 2024, ai fini delle imposte sui redditi, sono considerate residenti le persone fisiche che, per la maggior parte del periodo d’imposta:

  1. hanno la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell’ 43 co. 2 c.c. ovvero la residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale (condizione invariata rispetto la previgente normativa);
  2. hanno il domicilio nel territorio dello Stato: per domicilio, non si intende più il domicilio come stabilito dal codice civile “sede principale di affari e interessi” ma  per espressa previsione dell’ 2 co. 2 del TUIR, “il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona“;
  3. sono presenti nel territorio dello Stato (nuovo criterio);
  4. sono iscritte per la maggior parte del periodo di imposta nelle anagrafi della popolazione residente.

Come indicato nella circolare 18 agosto 2023, n. 25/E, l’accertamento dei presupposti per stabilire la residenza, diversi dal dato formale dell’iscrizione anagrafica, presuppone un riscontro fattuale da eseguirsi caso per caso, al fine di una concreta ponderazione degli elementi che consentono di verificare il luogo di domicilio o di residenza nonché, dal 1° gennaio 2024, la presenza fisica nel territorio dello Stato.

La residenza fiscale delle persone fisiche si considera in Italia al ricorrere alternativo, per la maggior parte del periodo d’imposta, 183 giorni in un anno, o 184 giorni in caso di anno bisestile, di uno dei quattro criteri di collegamento indicati dalla norma.

Ai fini del computo della maggior parte del periodo d’imposta si considerano anche i periodi non consecutivi nel corso dell’anno.

 

1. Residenza anagrafica

Non è intervenuta alcuna modifica per questo criterio di collegamento.

Il concetto di residenza resta quello civilistico  stabilito ai sensi del codice civile ex art. 43 c.c.

La Cassazione con l’ordinanza del 15 febbraio 2021, n. 3841 ha precisato che “secondo la previsione dell’art. 43 c.c. la nozione di residenza di una persona fisica … “è determinata dall’abituale e volontaria dimora in un determinato luogo, caratterizzata dalla compresenza dei seguenti due elementi: l’elemento oggettivo, consistente nella permanenza in tale luogo per un periodo prolungato apprezzabile, anche se non necessariamente prevalente sotto un profilo quantitativo; e l’elemento soggettivo, rappresentato dall’intenzione di abitarvi stabilmente, rivelata dalle consuetudini di vita e dallo svolgimento delle normali relazioni sociali, familiari, affettive”.

 

2.Domicilio fiscale – nuova e specifica definizione

Il nuovo art. 2 co. 2 del Tuir fornisce una nuova definizione di domicilio che privilegia le relazioni personali e familiari rispetto a quelle prettamente economiche; il legislatore ha adottato un criterio di natura sostanziale, mutuato dalla prassi internazionale e dalle convenzioni per evitare le doppie imposizioni.

Secondo la previgente disciplina il domicilio era da individuare, ai sensi dell’art. 43 co. 1 c.c., nel luogo in cui la persona “ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi”, mentre dal 01/01/2024 va inteso come “luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona“, attenuando, quindi, il riferimento alla sfera professionale ed economica a favore di quella personale e familiare.

Nella nozione di “relazioni personali e familiari” l’Agenzia ritiene rientrino sia i rapporti tipici come ad esempio il rapporto di coniugio o il rapporto di unione civile, sia le relazioni personali connotate da un carattere di stabilità che esprimono un radicamento con il territorio dello Stato (ad esempio, nel caso di coppie conviventi).

Inoltre può assumere rilievo la dimensione stabile dei rapporti sociali del contribuente nella misura in cui risulti da elementi certi, come ad esempio, l’iscrizione annuale a un circolo culturale e sportivo.

 

Come indicazione di chiusura secondo l’Agenzia delle Entrate (circ. 20/2024, Parte I, § 2.1.1), al fine di valutare la sussistenza del domicilio occorre considerare “anche le condotte con le quali una persona manifesti con atti concreti la volontà di mantenere un legame effettivo con il territorio italiano“.

 

L’Agenzia riporta, alcuni esempi di situazioni sintomatiche di un domicilio italiano:

  • il caso di una persona, iscritta all’AIRE, che lavora all’estero ma mantiene a propria disposizione, a qualunque titolo, una casa in Italia, lasciandovi attive le relative utenze, nella quale continua a rientrare nei fine settimana e dove trascorre alcuni periodi di astensione dal lavoro.
    Tali circostanze, ad avviso dell’Agenzia, possono rappresentare elementi sintomatici del mantenimento di un legame stretto con l’Italia e potrebbero dar luogo quindi alla configurazione del domicilio italiano.
    La criticità di questa esemplificazione è che le utenze si ricollegano a un luogo (la casa a disposizione) che potrebbe, in via prospettica, esprimere la volontà di rientrare in Italia ma che non è di per sé sintomatico di relazioni “in essere” in Italia (e che, quindi, potrebbe non rappresentare il “luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona”).
    Si tratta di valutazioni da condurre caso per  caso, sulla base di elementi fattuali, tenuto conto della varietà di fattispecie che possono concretamente verificarsi e della molteplicità degli elementi che, nelle differenti situazioni, possono essere presi in considerazione.
  • Il caso riferito alla crescente mobilità con compresenza di interessi familiari e professionali in più Stati: il caso di Tizio, avente un’abitazione di proprietà sia in Italia, sia nello Stato estero Beta: nell’abitazione italiana sono presenti i figli, nati da un primo matrimonio, mentre nella casa situata all’estero vive l’attuale coniuge; la persona lavora ordinariamente in Italia, si reca frequentemente in vari Paesi per viaggi professionali nonché nello Stato Beta durante i fine settimana e i periodi di astensione dal lavoro.
    Durante l’anno, Tizio permane mediamente 145 giorni in Italia, 120 giorni nello Stato Beta e 100 giorni in altri Paesi.
    Ad avviso dell’Agenzia delle Entrate, non essendo possibile individuare con immediatezza lo Stato in cui si concentrano le relazioni personali e familiari, un utile criterio potrebbe essere individuato nel periodo di permanenza fisica sul territorio dello Stato. Nel caso in esame, quindi, Tizio risulterebbe residente in Italia.
    Si tratta di indicazioni che sembrano applicabili nei casi in cui non sia possibile individuare lo Stato in cui si sviluppano le relazioni più strette; negli altri casi, in cui ad esempio la presenza di figli in Italia non rappresenti un legame preminente con il territorio italiano, si dovrebbe al contrario valutare la “forza di attrazione” esercitata da ciascuno dei legami familiari (in altre parole, il nuovo coniuge potrebbe “pesare di più” nella sfera affettiva della persona rispetto ai figli, ove ad esempio questi siano maggiorenni e dotati di un certo grado di autonomia).
    L’intreccio delle relazioni familiari, sociali, istituzionali di un individuo in un determinato territorio, ove effettivamente rilevante, non può che essere segnalato da elementi fattuali, compresa la presenza significativa, per quanto non necessariamente stabile, dell’individuo stesso e/o del suo nucleo familiare (o del nucleo familiare che, ratione temporis, riveste in quello specifico periodo di imposta maggiore rilevanza per il contribuente, in termini comparativi e qualitativi; ad esempio, in ragione della presenza di figli minori etc.); nonché attraverso altre manifestazioni di utilizzo dei servizi e delle infrastrutture di qualsiasi tipo disponibili nel Paese.

 

3. Presenza fisica – nuovo e autonomo criterio 

Il nuovo e autonomo criterio di radicamento della residenza basato sulla presenza fisica è integrato in ragione del solo fatto che la persona è semplicemente presente nel territorio dello Stato per la maggior parte del periodo di imposta.

Si tratta di un criterio oggettivo, il quale richiede esclusivamente la presenza fisica di un soggetto nel territorio dello Stato italiano, a prescindere dalle motivazioni di tale presenza (es. vacanza . motivi di studio o lavoro, far visita ad amici e conoscenti etc.) e senza che sia necessaria la configurazione di alcuno degli altri criteri previsti dall’articolo 2, comma 2, del TUIR.

Pertanto ai fini del radicamento della residenza fiscale in Italia non è necessario che il soggetto soddisfi il requisito della residenza civilistica o del domicilio fiscale o dell’iscrizione anagrafica ma è considerata condizione sufficiente la semplice presenza fisica nel territorio dello Stato per la maggior parte del periodo d’imposta; ai fini del conteggio rilevano anche le frazioni di giorno.

Secondo autorevole dottrina (circolare Assonime n. 25  del 13/12/2024) la modifica è stata introdotta “al precipuo fine di tenere conto delle nuove realtà  di mobilità individuale e di lavoro agile. È una novità che non richiede l’esistenza di un legame stabile con il territorio e che è stata pensata per intercettare nuove categorie di lavoratori mobili e apolidi, posizionando l’Italia come un Paese competitivo e attrattivo per talenti e professionisti internazionali altamente qualificati.”

Continua Assonime “Tale criterio sia stato introdotto nel sistema nell’ottica di ‘attrarre’ dall’estero individui con professioni particolarmente ‘mobili’ e/o di alto profilo professionale, in una forma di compartecipazione alla c.d. war on talents, è desumibile con chiarezza dalla forte asimmetria che si viene a determinare tra la posizione del contribuente e la posizione dell’Amministrazione in termini di formulazione della prova. Il contribuente è (ancor più che con riferimento agli altri criteri) nella posizione di massima vicinanza alla prova che può costruire (o evitare di costruire a seconda del suo interesse) giorno dopo giorno con tutti i mezzi a sua disposizione che dimostrino la sua presenza fisica

in Italia; mentre l’Amministrazione finanziaria si trova, sotto questo profilo, nella posizione di massima difficoltà non solo perché deve costruire la prova in anni successivi agli eventi, ma soprattutto perché ciò che deve ricostruire non sono elementi e valutazioni giuridiche (sia pure basate su elementi di fatto, documenti, contratti etc.); ma piuttosto gli spostamenti fisici di una persona fisica tutelati dalle libertà

costituzionali ed eurounionali, in un contesto di frontiere aperte con tutti gli altri Stati dell’Unione (e non solo) da cui si esce o si accede anche senza passaporto. Ed in effetti, il criterio della mera presenza fisica (ove non ‘rafforzato’ da almeno uno degli altri criteri alternativi di collegamento soggettivo) opera in un’ottica attrattiva; più per riconoscere la residenza a chi intenda rivendicarla che per contestarla a chi invece voglia nasconderla.

 

Nel caso in cui la presenza fisica risulti da una pluralità di dati fattuali, il contribuente potrà dimostrare, con documenti aventi eguale valenza probatoria, di avere effettivamente trascorso in Italia periodi che, cumulativamente considerati, non consentono di raggiungere il limite minimo di permanenza nel nostro Paese per la configurazione della residenza in Italia.

 

4.Iscrizione anagrafica – rimodulazione dell’efficacia della presunzione

L’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente continua a costituire uno dei criteri alternativi di radicamento della residenza fiscale in Italia  ma la nuova disposizione conferisce a tale criterio l’efficacia di presunzione relativa,  potendo la persona fisica  dimostrare che il dato formale è disatteso da una differente situazione fattuale. Di conseguenza, le persone iscritte nell’anagrafe della popolazione residente per la maggior parte del periodo d’imposta continuano a essere considerate fiscalmente residenti in Italia, a meno che non siano in grado di dimostrare che l’iscrizione anagrafica non corrisponde ad una residenza effettiva nello Stato italiano

 

Residenza nelle Convenzioni contro le doppie imposizioni – normativa internazionale

 

L’applicazione dei criteri nazionali per la determinazione della residenza fiscale può determinare fenomeni di “doppia residenza fiscale”, per dirimere i quali gli Stati possono stipulare convenzioni internazionali (c.d. “Convenzioni contro le doppie imposizioni”).

Qualora una persona fisica sia considerata residente per normative interne di due Stati differenti  la situazione di doppia residenza va risolta in base alla Convenzione contro le doppie imposizioni (risposta interpello Agenzia Entrate 4.10.2018 n. 25).

La prevalenza del diritto convenzionale sul diritto interno è pacificamente riconosciuta e, in ambito tributario, sancita dall’articolo 169 del TUIR e dall’articolo 75 del D.P.R. del 29 settembre 1973, n. 600.

L’OCSE ha fissato uno standard di Convenzione bilaterale contro le doppie imposizioni, recepito in genere nelle Convenzioni stipulate dall’Italia, le quali coprono la maggior parte degli scambi transnazionali.

In particolare, l’art. 4 del modello OCSE precisa che il termine “residente di uno Stato contraente” designa “ogni persona che, in virtù della legislazione di detto Stato, è ivi assoggettata ad imposta, a motivo del suo domicilio, della sua residenza, della sede della sua direzione, o di ogni altro criterio di natura analoga”.

Per le persone fisiche, il modello di OCSE individua alcune regole (dette “tie-breaker rules“) per dirimere il conflitto di residenza che sorge ove un soggetto, in applicazione delle leggi nazionali, risulti residente in entrambi gli Stati contraenti. Si tratta di autonomi criteri di collegamento ai fini dell’attribuzione della residenza ad uno solo degli Stati contraenti, risolvendo in tal modo il conflitto di sovranità impositiva fra gli Stati.

L’applicazione delle “tie-breaker rules” deve avvenire in conformità all’ordine gerarchico in cui sono enunciate, con impossibilità di accedere ai criteri successivi al primo qualora quest’ultimo sia stato soddisfatto:

In particolare, le regole convenzionali fanno prevalere il criterio dell’abitazione permanente cui seguono, secondo una sequenza gerarchicamente ordinata, il centro degli interessi vitali, il soggiorno abituale e la nazionalità del contribuente.

  • abitazione permanente (1° rule);
  • centro degli interessi vitali (2° rule);
  • luogo di soggiorno abituale (3° rule);
  • nazionalità (4° rule);
  • accordo fra gli Stati (criterio residuale).

 

Presenza fisica –  Convenzioni contro le doppie imposizioni

Assonime si sofferma anche sul rapporto tra il requisito della presenza fisica e le convenzioni contro le doppie imposizioni: secondo Assonime il criterio della presenza fisica  ha carattere “recessivo” rispetto alle c.d.tie breaker rules, individuate dall’art. 4 del modello OCSE al fine di dirimere i conflitti di residenza tra Stati.

“Si tratta, infatti, di un criterio di collegamento soggettivo che è del tutto recessivo rispetto alle tie breaker rules convenzionali; ossia rispetto ai criteri che l’art. 4 del Modello OCSE (cui si ispirano le convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia) prevede siano utilizzati per dirimere gli eventuali conflitti di doppia residenza e che comportano l’attribuzione della sovranità impositiva illimitata (in ragione cioè della residenza) all’ordinamento in cui – secondo la già commentata rule of order strettamente gerarchica – sono collocati un’abitazione permanente, il centro degli interessi vitali, la dimora abituale o la nazionalità, nell’ottica di evitare doppie imposizioni e di ‘premiare’ il solo Stato

contraente con cui sia ravvisabile il radicamento decisamente più profondo dell’individuo.”

Non trovando corrispondenza in alcuna delle tie breaker rules convenzionali, il criterio della mera presenza fisica non può prevalere nella gestione dei conflitti di doppia residenza.

Ed è proprio questa sua caratteristica che lo può rendere attraente per neo-residenti, lavoratori agili o apolidi; fermo restando che, per mantenere un solido ancoraggio anche ai criteri di collegamento soggettivo espressivi di un radicamento più solido e sostanziale, il legislatore delegato ha confermato i precedenti criteri di individuazione della residenza sicuramente più ‘performanti’ rispetto alla prassi internazionale e al diritto convenzionale.

Come evidenziato anche dalla circolare dell’Agenzia n. 20/E del 2024, queste novità potrebbero in futuro dar vita a fattispecie inedite di conflitto sulla residenza, che richiederanno di essere risolte mediante l’applicazione delle tie breaker rules.

Il caso evidenziato dall’Agenzia entrate è quello dei frontalieri -lavoratori dipendenti residenti in uno Stato confinante con l’Italia che, quotidianamente, varcano la frontiera tra i due Paesi per venire a svolgere la propria attività lavorativa nel nostro Stato.

In base al nuovo criterio della presenza fisica, per la cui configurazione rilevano anche le frazioni di giorno, è possibile che tali soggetti, essendo spesso presenti in Italia nella maggior parte dei giorni dell’anno (anche se solo per una frazione degli stessi), finiscano col radicare la loro residenza fiscale nel nostro Stato ai sensi dell’articolo 2, comma 2, del TUIR.

Qualora i lavoratori in discorso dovessero qualificarsi come fiscalmente residenti anche nello Stato di provenienza ai sensi della relativa normativa interna, il conflitto di residenza con l’Italia potrà essere risolto facendo applicazione delle tie breaker rules contenute nella Convenzione contro le doppie imposizioni conclusa  con l’Italia.

 

Split Year Clause – Germania, Svizzera e Panama

Le Convenzioni che l’Italia ha in vigore con Germania, Svizzera e Panama prevedono un frazionamento del periodo d’imposta ai fini dell’attribuzione della residenza (cosiddetta “split year clause”). Tali Convenzioni, in linea con le raccomandazioni formulate nel paragrafo 10 del Commentario all’articolo 4 del Modello di Convenzione OCSE, recano una disposizione che prevede esplicitamente, per la soluzione dei casi di doppia residenza, il frazionamento dell’anno d’imposta, in caso di trasferimento del domicilio da uno Stato all’altro nel corso dell’anno.

In base alle disposizioni convenzionali contenute nei citati Trattati, la persona fisica che ha trasferito definitivamente il suo domicilio da uno Stato contraente all’altro cessa di essere fiscalmente residente nel primo Stato contraente a partire dal giorno successivo a quello del trasferimento.

Il criterio della presenza fisica sembra in principio non applicabile alle Convenzioni che prevedono il frazionamento del periodo d’imposta.

Restiamo a disposizione per analisi di residenza e riflessioni sia sulla situazione ante 2024.

Via Alessandro Volta, 60 - 20090 Cusago | tel: +39 338 195 8697

Privacy e cookie Le tue preferenze relative alla privacy